martedì 30 luglio 2013

Martedì 30 Luglio 2013 06:41 Strade, tombe, fortificazioni. Importanti scoperte al Parco archeologico di Marsala


Vengono presentati oggi, alle 18, al Baglio Anselmi i risultati dell’ultima campagna di scavi al Parco archeologico e ambientale di Marsala.
La presentazione avviene nell’ambito degli incontri sul tema “L’archeologia in divenire”, un’iniziativa congiunta del Centro Internazionale di Studi Fenici e Punici, l’Assessorato alla Cultura del Comune di Marsala, il Parco e la Soprintendenza di Trapani. La conferenza di oggi, dal titolo "Scavi alle Mura di Lilibeo nell’Area archeologica di Capo Boeo" - che sarà tenuta da Nicola Bonacasa, Antonella Mandruzzato e Alessia Mistretta - riguarda le più importanti scoperte effettuate durante le ricerche archeologiche condotte a Marsala dalle Università di Amburgo e Palermo, in regime di Convenzione prima con la Soprintendenza di Trapani e poi con il Parco.
Le ricerche fino ad oggi si sono svolte nella zona settentrionale della grande area archeologica, esattamente nei pressi del fossato punico.

lunedì 29 luglio 2013

Antonella Milazzo: "Chi ha rimosso i resti delle banchine del porto antico di Marsala deve pagare..."

Antonella Milazzo, deputato regionale del Pd, ha visto? I resti delle banchine dell'antico porto di Marsala, di fronte l'area dell'ex Salinella, sono stati divelti dalle ruspe per far spazio a una nuova spiaggia...

Sono allibita e arrabbiata...
Per creare spiaggette di sabbia hanno spostato, con la posidonia secca, anche i vetusti blocchi tufacei per un centinaio di metri, rompendo e sfregiando quello che dovrebbe essere recuperato e protetto...
Guardi, poco tempo fa, in una bellissima giornata di inizio estate, in Giugno, avevamo visitato questi bellissimi luoghi, ed avevamo cominciato un percorso di recupero, e anche di scoperta, grazie alla collaborazione di molti volontari, tra i quali l'architetto Nicola Sciacca.
Proprio Sciacca è stato uno dei primi a denunciare pubblicamente l'importanza della tutela di quei luoghi che ospitano il porto antico di Marsala.
Grazie a Sebastiano Tusa, Soprintendente del Mare, stiamo cercando di mettere in piedi un percorso subacqueo con il quale sia possibile visitare gli antichi moli e le banchine oggi sommerse. Un progetto molto affascinante, unico nel suo genere, in grado di essere una proposta turistica originale ed un momento di conoscenza delle nostre origini.
E invece il Comune...
A quanto pare il Comune, per distrazione, non ha seguito i lavori della ditta che stava eseguendo la pulizia...e hanno danneggiato il sito...
Ma al Comune sapevano dell'esistenza dei reperti?
Certo, lo sapevano benissimo... Io sono senza parole...anche perchè l'esistenza di un porto romano non è una cosa che si verifica spesso. I porti, per loro natura, vengono spesso ricostruiti, e quindi trovare oggi un porto dell'eta romana è un fatto eccezionale.....
L'assessore Musillami ci ha detto che l'operaio della ditta incaricata di pulire la spiaggia era stato avvisato: non bisognava toccare nulla.
Ci sono delle responsabilità. Ed è giusto che qualcuno paghi. Io non so come si possa riparare. Avevamo scoperto un angolo sconosciuto della nostra città e lo stavamo offrendo ai turisti e ai cittadini. Non mi aspettavo che accadesse proprio questo.
fonte:marsala.it

giovedì 25 luglio 2013

Le banchine del porto antico di Lilibeo sbancate dalle ruspe del Comune di Marsala...

di Leonardo Agate -    Vista dall'area di San Girolamo, la luna piena é magnifica tra la mezza torre cieca, che chiude la cattedrale di dietro, e lo spigolo dell'edificio di fronte. 
Sono da poco passate le 21 e Sebastiano Tusa, Soprintendente del mare per la Sicilia, armeggia sul pc.
Sul muro di fronte é proiettato il video del porto di Lipari, quello antico, scoperto per caso. Il Soprintendente ha visto delle ruspe che lavoravano nel nuovo porto, e ha avuto l'intuizione che qualcosa di interessante potesse esserci sott'acqua. Detto fatto, blocca i lavori e inizia le indagini. Viene scoperto il porto antico a dieci metri di profondità.
Sul muro scorrono le immagini a colori dei plinti e dei basamenti seminascosti dalla sabbia. Viene mostrata una ricostruzione di come doveva presentarsi, ai naviganti che arrivavano, il molo nell'età romana imperiale.
Dopo questo video, il Soprintendente ci fa vedere il punto marino dove avvenne il 10 marzo del 241 a.C. la battaglia decisiva della Prima Guerra Punica. Una volta si era meno sicuri della localizzazione del posto. Le recenti scoperte sottomarine ce lo collocano a nord di Levanzo. I Punici provenivano con centinaia di imbarcazioni da Cartagine per portare rinforzi ai combattenti sulle falde di Erice. Dovevano doppiare Trapani e approdare oltre il monte. Furono intercettati dai Romani, e furono sconfitti. La nave punica da battaglia, assemblata in una grande sala del Museo Baglio Anselmi, é quasi sicuramente una della flotta sconfitta. E' stata recuperata nel 1971 - 1974 dall'archeologa inglese Honor Frost. Era adagiata su un basso fondale, non distante dalla costa esterna dell'Isola Grande. Avvenne, quel giorno del 10 marzo 241 a. C., che il vento mattutino di ponente, che aveva sospinto la flotta cartaginese da poppa, si volgesse a metà del giorno, durante lo scontro, a tramontana. La nave danneggiata fu sospinta ad arenarsi davanti all'Isola Grande.
I due video, e le spiegazioni di Sebastiano Tusa sono stati piacevoli ed istruttivi. Lo scrivente si alza per chiedere notizie sul porto di Lilibeo. L'archeologo del mare spiega che i resti del porto ci sono, ma mancano i fondi per intervenire. Si spera nell'iniziativa privata. E' difficile adesso ottenere finanziamenti pubblici. Continua affermando di aver visto le banchine dell'antico porto.
Lo scrivente interviene di nuovo per dare all'illustre studioso la triste notizia che nelle scorse settimane le vecchie banchine, alla Salinella, sono state divelte dalle ruspe. Per creare spiaggette di sabbia, le ruspe hanno spostato, con la posidonia secca, i vetusti blocchi tufacei.
Hanno fatto un bel lavoro - si fa per dire - lungo un centinaio di metri, rompendo e sfregiando quello che dovrebbe essere recuperato e protetto.
Il prof. Tusa trasale. E' persona seria. Dice che non vuole nascondersi dietro a un dito. Che, a rigore, la sua competenza riguarda il sotto del mare, non la costa. Ma ha avuto questa notizia poche ore prima. La cosa gli sembra grave. Assicura che domani scriverà a chi di dovere. Aggiunge che spesso le pubbliche amministrazioni per piccole utilità danneggiano beni preziosi. Sarebbero dovute intervenire la Sezione paesaggistica e quella archeologica della Soprintendenza.
Sembra che su questa città aleggi un destino avverso riguardo ai porti. Quello nuovo non si fa. Quello antico é distrutto. 
fonte:marsala.it

giovedì 18 luglio 2013

Giovedì 18 Luglio 2013 06:48 Visitare i siti archeologici di Marsala. Ecco come fare


E' stata messa a punto il nuovo calendario per le visite al Parco archeologico di Marsala per il periodo da luglio ad ottobre realizzata con la collaborazione dell’Associazione “Amici del Parco archeologico di Marsala”.
L’iniziativa è finalizzata a divulgare tutte le informazioni per visitare e conoscere meglio la realtà del Parco archeologico con i suoi diversi siti e monumenti, ancora nuova per molti.
Dal marzo di quest’anno, infatti, è possibile entrare gratuitamente all’Area archeologica di Capo Boeo anche dall’ingresso di Piazza della Vittoria (alias Porta Nuova) e percorrere la “storica passeggiata” fino al mare lungo il Decumano Massimo (ex Viale Vittorio Veneto), la principale strada della città romana.

mercoledì 3 luglio 2013

Trovati in mare reperti del III secolo a.C.


Trovati in mare reperti del III secolo a.C.

Pantelleria - Trenta ancore, quattro anfore e quattro lingotti di piombo di diverse dimensioni e tipologia sono stati rinvenuti e documentati a 60 metri di profondità nelle acque di Pantelleria. Dopo la scoperta di 3500 monete puniche nel 2011 sta terminando infatti con successo anche la seconda fase del progetto valorizzazione e fruizione dei siti archeologici sommersi in prossimità delle infrastrutture di Cala Tramontana e di Cala Levante ad opera del Consorzio Pantelleria Ricerche (Università degli Studi di Sassari, Ares archeologia, Diving Cala Levante) e dalla Soprintendenza del Mare della Regione Siciliana, realizzato grazie al finanziamento di Arcus Spa.

Il progetto di ricerca ha preso il via il 15 maggio e terminerà a metà luglio. Le ricerche sono state condotte da un team di altofondalisti composto da 10 professionisti tra cui 2 archeologi, 2 fotografi, 4 operatori tecnici e 2 assistenti di superficie. La disposizione delle ancore, la tipologia del giacimento archeologico e le analogie con altri contesti simili - come ad esempio il sito di Capo Grosso a Levanzo, luogo in cui si consumò la battaglia delle Egadi nel 241 a.C. - lasciano ipotizzare il fatto che ci si trovi di fronte ai resti di un ormeggio di emergenza da parte di una flottiglia di navi puniche, probabilmente in occasione di una delle battaglie navali con le quali i Romani, per ben due volte durante il corso del III secolo a.C., presero il controllo dell'isola di Pantelleria.

Questa scoperta è stata resa possibile grazie alla mappatura dei fondali delle due baie da 8 a 100 metri di profondità realizzata in collaborazione con il Dipartimento di Scienze della Terra dell'Università La Sapienza di Roma e del CNR.





domenica 5 maggio 2013

ADESSO BASTA!!!!


Torna a Marsala l'Auriga di Mozia. La Sicilia dice no ad altri prestiti

La Regione dice no al Museo di Cleveland. L’Auriga di Mozia, in prestito al Getty Museum di Los Angeles, tornerà a casa senza altre tappe americane, insieme agli altri 50 reperti isolani della mostra “Sicily: Art and Invention between Greece and Rome”.
 Ad anticipare la decisione è Sergio Gelardi, direttore generale dei Beni culturali: «Con il Getty Museum era già stato firmato un accordo, ma lo stesso non era avvenuto con il Museo di Cleveland. Quindi a fine agosto le opere torneranno in Sicilia». Una decisione che prelude a una nuova politica: «Basta prestiti gratuiti; d’ora in poi si dovranno fissare dei corrispettivi per i prestiti».

bbpalazzosalinella@gmail.com per le vostre vacanze in Sicilia; 

venerdì 8 febbraio 2013

Gli archeologi: professionisti fantasma

Gli archeologi: professionisti fantasma

In Italia ci sono centinaia di migliaia di fantasmi del lavoro. Gli archeologi sono tra questi. 
E fa impressione vederli aggirarsi come spettri tra le rovine del loro lavoro, perchè il passato per loro è il futuro. Ma l'importanza dei Beni Culturali e l'indotto enorme che comportano, gli scorsi Governi proprio non l'hanno capita.
In Italia ci sono 15.000\18.000 archeologi (laureati\specializzati\dottorati) , di cui attualmente solo 6.000\7.000 operanti in attività archeologiche. Sono numeri impressionanti, soprattutto se si pensa che solo poche centinaia di essi sono oggi ufficialmente riconosciuti e, in rapporto all'estensione del territorio italiano, possono quantificarsi come insufficienti a garantire la copertura delle esigenze della tutela del patrimonio archeologico italiano. La conseguenza è che da decenni il Ministero per i Beni e le Attività Culturali delega le attività archeologiche a soggetti terzi, senza averne tuttavia definito competenze e i titoli. Infatti, il c.d. Codice Urbani (DLgs 42/2004), che si concentra sulla definizione del bene culturale e sulla sua tutela, non individua parallelamente requisiti e competenze dei soggetti che svolgono questa tutela. Sembrerà assurdo ma nel Codice non compare mai la parola archeologo. Motivo per cui è sempre mancato un riconoscimento e una regolamentazione della professione e per cui l’archeologo oggi non ha tutele e diritti.
Il 16 gennaio 1992 a La Valletta viene conclusa la Convenzione europea per la salvaguardia del patrimonio archeologico che stabilisce che la tutela deve essere integrata con programmi di pianificazione territoriale, che chi attua trasformazioni del territorio deve sostenere le spese inerenti la tutela archeologica inserendo già a monte del bilancio dei lavori, pubblici o privati che siano, le risorse economiche della tutela: in sintesi i committenti, sia privati che pubblici, devono sostenere interamente le spese dell’intervento. Nella maggior parte dei Paesi che hanno ratificato la Convenzione è nato un sistema di archeologia professionale con linee guida:strumenti fondamentali perché permettono tanto all’archeologo quanto al committente di preventivare il costo del lavoro. Ovviamente ogni Paese ha adattato la Convenzione alle proprie esigenze. Sono passati venti lunghi anni ma la Convenzione nel nostro Paese non è ancora stata ratificata. Eppure la nostra legislazione in parte l’ha recepita. Nell’art. 42 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (DLgs 42/2004, Codice Urbani), anche i piani regolatori di alcune città, come Roma, Firenze, Napoli e Torino, hanno recepito in parte le disposizioni della Valletta, ma si tratta solo di piccoli aggiustamenti. In Italia serve una legge, valida su tutto il territorio nazionale, che chiarisca in maniera completa le procedure che committenti sia pubblici che privati devono adottare: se si vuole tutelare seriamente il nostro patrimonio archeologico, è necessaria una legge che imponga a chiunque voglia effettuare scavi la supervisione di un archeologo che valuti il potenziale archeologico. L’applicazione di una simile legge comporterebbe l’impiego di un vasto numero di archeologi. La Convenzione risolverebbe tutte queste problematiche perché già le prevede, ratificarla comporterebbe una maggiore concertazione della tutela, oggi prerogativa esclusiva del Ministero per i Beni e le Attività Culturali (Mibac). Conseguenza della mancata ratifica è il ritardo nello sviluppo e nella modernizzazione tanto dell’archeologia quanto della tutela del patrimonio. L’archeologo oggi è condannato ad uno stato di precarietà, la sua professionalità continuamente mortificata, la sua passione calpestata. Esattamente un anno fa Lorenzo Ornaghi, aveva pubblicamente promesso come obiettivo prioritario del suo mandato la ratifica della Convenzione. La Ratifica della Convenzione di Malta è strumento indispensabile per portare in maniera stabile la professione nella cabina di regia della pianificazione territoriale. Sarebbe il riconoscimento di una categoria che interviene in una materia di interesse pubblico, per la quale vanno formulate norme contrattuali e formative. E’ necessaria l’istituzione di elenchi nazionali degli archeologi e delle attività cui sono deputati, per evitare abusi, clientelismi e qualsiasi prassi scorretta. È altresì fondamentale, anche in applicazione alla recente riforma del lavoro, regolamentare e controllare i compensi degli archeologi, introdurre gli ammortizzatori sociali minimi e garantire diritti come quello alla maternità. Quei diritti costituzionali che dovrebbero essere garantiti a ogni lavoratore. Oggi l’archeologo deve lottare ogni giorno alla ricerca di un cantiere, di un contratto (a progetto,altrimenti con partita Iva) il più delle volte sottopagato. Il 19 dicembre 2012, dopo trent’anni di attesa, è stato approvato dal Parlamento il DDL 3270 sulla Regolamentazione delle professioni non organizzate in ordine o albo, tuttavia occorre riconoscere pubblicamente per legge la figura professionale in un testo normativo ad hoc che metta chiarezza, costituendo superamento del divario tra l’archeologia italiana e quella europea.
“L'unica cosa che mi hai insegnato, papà, è che io sono meno importante di popoli morti cinquecento anni prima in un altro paese”. Questo diceva nel 1989 Indiana Jones. E le cose, per gli archeologi, non sono poi tanto cambiate.


Valentina Colli 
fonte: marsala.it
http://www.spreaker.com/user/archeo80/cdassad
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